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non nel tempo -- ma: in tempo
 
De Cive. Rivista di Pensiero Politico. Anno 1, N° 1, Gennaio-Giugno 1996, pag. 43-54 (46-49)
 

Bernd A. Laska

Katechon contro Eigner ?

La reazione di Carl Schmitt nei confronti di Max Stirner
- Parte 2 -

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Il ritorno di Stirner nella coscienza di Schmitt si ebbe anzitutto in via occulta e all'interno di uno spazio temporale più lungo. Quando nel 1927 riapparve per la prima volta il libro di Bruno Bauer pubblicato nel 1843 e subito rigorosamente bandito dalla censura e da allora dimenticato, »Il cristianesimo riscoperto«, ciò diede avvio, di prima mano, all'interesse di Schmitt per Bauer. Bauer divenne nel corso del tempo un'importante figura per Schmitt, che allora iniziò a portare avanti studi estesi su Bauer e ad avere corrispondenza con i ricercatori su Bauer; (23) ciò soprattutto per il fatto che Bauer era l'unico dei "superatori" di Stirner la cui strada Schmitt intendeva poter seguire (contrariamente alle strade di Marx e di Nietzsche). Una notizia di Schmitt del 1948 sull'ex-iconoclasta, che si sentiva nel 1843 abbastanza forte intellettualmente da riedificare in Francia quell'illuminismo un tempo subito soffocato, di stampo ateistico e mai entrato nella realtà, e che seguì la reazione dopo gli attacchi di Stirner del 1844 (e l'insuccesso della rivoluzione del 1848), chiarisce tutto ciò con la forza di un colpo: "Bruno Bauer valuta la chiesa cattolica in-

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torno al 1870 ... come contrappeso al sopravveniente padrone del mondo." (24)

Schmitt già nel 1940 aveva scritto in analogo modo su Bauer e allo stesso tempo anche Stirner si era di nuovo insinuato nella sua coscienza, anche se ancora in forma inoffensiva. Schmitt nomina allora insieme Bauer e Stirner e li dipinge - nell'àmbito di una poco celata solidarizzazione - unitariamente come "partigiani isolati", che sarebbero andati a finire (in conseguenza del "seppellimento della problematica rivoluzionaria" nel 1848 !) "in una solitudine senza via d'uscita." (25)

Schmitt qui scompiglia un bel po' ciò che egli dapprima da giovane deve aver visto più chiaramente. La problematica che fu seppellita dalle turbolenze politiche del 1848 l'aveva sollevata Stirner, quando cioè gridò a Bruno Bauer: "Certo, si è spazzato via l'al di là che è fuori di noi e si è portata a termine la grande impresa degli illuministi; solo che l'al di là che è in noi è divenuto un nuovo cielo e ci chiama per una nuova scalata." (26) Stirner vedeva il proprio libro come un'introduzione, come un inizio di uno sviluppo che questo "al di là in Noi" avrebbe eliminato. (27) E però Bruno Bauer era, certo, accanto ai Marx e ai Nietzsche di gran lunga più efficaci, uno di quelli che avevano seppellito questa problematica. Sette anni dopo Schmitt saprà distinguere di nuovo molto chiaramente tra Bauer e Stirner.

Perché, proprio nel 1947, in un certo qual modo dopo quattro decenni di esilio, Stirner ripenetrò realmente, e in effetti improvvisamente e con tutta la forza, nella coscienza di Schmitt; eppure, per questo c'era stato bisogno dello scossone ad opera di potenti avvenimenti esterni. Schmitt aveva dietro di sé una carriera straordinariamente brillante tanto come giurista quanto come filosofo del diritto e dello Stato, che gli aveva reso facile dimenticare Stirner e la "figura del proprio problema." Ora, dopo la capitolazione senza condizioni della Germania, Schmitt era nelle mani del vincitore, stava a Norimberga in isolamento e doveva aspettarsi, e non poteva escludere, di essere severamente condannato per l' "aiuto alla preparazione di una guerra di aggressione." In questa situazione fece quelle annotazioni già considerate, cui diede il titolo »sapienza della cella.«

"In questo momento" - scrive Schmitt qui nell'aprile 1947, nel punto più basso della sua vita - "Max è L'Unico che mi fa visita nella mia cella." Una chiara indicazione da parte di Schmitt, in qualche modo finora appena considerata, ma tuttavia non analizzata nella letteratura, su un arcano della sua biografia intellettuale; una confessione anche, che egli apertamente non vuole reprimere, ma la cui pateticità però egli vuole contrastare con una qualche ironia: per esempio, quando parla di "Max" e quando aggiunge che questo impegno lo toccherebbe profondamente, "in quanto egoista così rabbioso." Schmitt sa naturalmente che "Max", Stirner, non rappresentava un egoismo rabbioso; egli sa anche di non essere un "invasato dell'io", come egli ora lo chiama pure - eppure Stirner gli aveva irrobustito le spalle proprio contro gli "invasati dell'io", che lo avevano così logorato durante i suoi inizi berlinesi.

Schmitt concede di colpo a Stirner qualcosa di straordinario. Gli è debitore del suo atteggiamento sovrano nei confronti di avvenimenti storico-spirituali che lo avrebbero "altrimenti forse sorpreso", leggi: sopraffatto. Egli parla, con una metafora ben più forte sotto l'impressione di Hiroshima, di "alcune miniere di uranio della storia dello spirito" e chiama per nome solo Stirner, anche se di nuovo con una qualche premurosa ironia, come il "povero Max". Il mago delle parole Schmitt perde quasi la parola quando tenta di dare un fondamento contenutistico a questo unico giudizio di valore: "Max sa qualcosa di molto importante. Sa che l'io non è oggetto di pensiero. Così ha trovato il titolo più bello e in ogni caso più tedesco di tutta la letteratura tedesca." E evidente la presunzione che non si tratti in verità del titolo del libro, ma che per contro Schmitt voglia ricoprire Stirner di un superlativo.

La commistione di annotazioni ironiche e grossolanamente denigratrici sul "povero Max", che ha caratterizzato le posizioni appena citate sulla "sapienza della cella", tradisce quanto disperatamente Schmitt lottasse con l'intruso e mostra che egli avrebbe voluto di nuovo liberarsene subito: "A considerarlo nell'insieme Stirner è orribile, sguaiato, millantatore, smargiasso, uno studente degenerato, uno zotico, un egomane, evidentemente uno psicopatico grave. Uno che a voce alta e sgradevole va gracchiando: "Nulla m'importa oltre me stesso." I suoi sofismi verbali sono insopportabili. L'eccentricità avvolta in fumo di sigaro della sua bohème da osteria è nauseante... " (28)

Verso la fine delle sue annotazioni Schmitt è alle prese, dopo alcune digressioni, ancora una volta con Stirner e con la odiosa "mescolanza in lui di innocenza e scaltrezza, di provocazione sempliciotta e subdolo raggiro." Non facilmente si riuscirà ad eliminarlo subito, ad allontanarlo di nuovo, a bandirlo nuovamente dalla propria coscienza. Schmitt ci prova ricorrendo alla sua teoria del nemico così piena di successo: "Come ogni egomane (come se Stirner fosse per lui uno dei tanti ! BAL) egli vede nel non-io il ne-

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mico. Così il mondo intero diventa suo nemico, ed egli si figura che il mondo debba saltargli addosso quando lui, conservando la propria libertà, gli offre il bacio fraterno. In tal modo egli si nasconde di fronte alla dirompente energia dialettica dell'io e cerca di sfuggire al nemico ingannandolo. Ma il nemico è una forza oggettiva. Egli non sfuggirà, e l'autentico nemico non si lascia ingannare."

Eppure Schmitt non sembra molto convinto delle proprie parole; perché egli prosegue lasciando da parte tutte le determinazioni del nemico elaborate negli anni precedenti e chiede in modo del tutto elementare: "Chi è mai il mio nemico ? E chi mi nutre qui nella mia cella, il mio nemico ?... Chi può essere, in generale, il mio nemico ?... Evidentemente soltanto colui che mi può mettere in questione. Riconoscendolo come nemico, riconosco ch'egli mi può mettere in questione. E chi può mettermi realmente in questione ? Solo io stesso. 0 mio fratello. Ecco. L'Altro è mio fratello. L'Altro si rivela fratello mio, e il fratello, mio nemico. Adamo ed Eva ebbero..." etc. Schmitt si è messo egli stesso con le spalle al muro nella lotta contro Stirner. Questa è la situazione senza via d'uscita che lo ha interessato apertamente in modo così esistenziale da ricordare - per la prima volta dopo più di tre decenni - la frase che deve essere stata un tempo strettamente legata con la sua pri-, ma rimozione di Stirner e che recita apertamente: "Il nemico è la figura del nostro proprio problema». (29)

Il testo dal volume »Ex C. S.«, »Sapienza della cella«, breve, e da non da sopravvalutare ai fini della comprensione di Schmitt, documenta a sufficienza il fatto che Carl Schmitt nei primi quattro decenni, in cui egli si sentiva piuttosto inconsciamente assillato da Stirner, e nelle 6-7 settimane di isolamento, in cui egli si sentiva consciamente assillato da Stirner, non è riuscito a spuntarla su di lui. Il problema Stirner, la sua "figura del nostro proprio problema", non lo abbandonò neanche con il rilascio il 6 maggio 1947, come il suo »Glossarium« mostra, che compare come pubblicato in riferimento al periodo di tempo che va dall'agosto 1947 all'agosto 1951. Per esempio, proprio un anno dopo finiscono le osservazioni in cui Stirner è citato.

Le osservazioni non offrono sostanzialmente niente di nuovo riguardo alla "sapienza"; esse documentano solo il nuovo sfuggire di Schmitt davanti ad una discussione seria, la sua preoccupazione circa una rinnovata rimozione di Stirner dal suo pensiero. Schmitt medita una sola volta sulla frase "Io sono Io, solamente Io solo", che certo è meno specifica per Stirner. Sostanzialmente egli si ripete, spesso persino nel testo. Egli ironizza su Stirner, lo denigra e di tanto in tanto lo ammira. Il 4 ottobre 1947 egli si chiede retoricamente: "Intendi invidiarlo, per esempio, per la sua inconfutabilità ? Oppure per la sua infallibilità, oppure per il suo mancato sviluppo ?" Pochi mesi dopo, il 30 gennaio 1948, "Max Stirner" gli è "diventato con il suo nichilismo un puro millantatore. Egli aveva visibilmente ragione in modo così inconfutabile." Sulla base di confusi, non riassumibili soliloqui, il 14 febbraio un singolare sviamento: "Io sono Io, solo Io, gridò il mio omonimo Carl Schmidt nel 1845." Si intende Johann Caspar Schmidt, cioè Stirner. Il17 febbraio un amico gli dà il proprio esemplare dell' »Unico«; Schmitt al riguardo: "Quindi Max ritorna a me... Non posso dirgli benvenuto, ma ..." Schmitt legge di nuovo Stirner e si irrita anzitutto (il 17 febbraio) per gli "insopportabili sofismi verbali del povero Max" e per la sua "sofisticatezza mezzo malata sul piano spirituale", ma ritiene però (il 19 febbraio) che alcune frasi dell'Unico sarebbero qualcosa che rimane. Egli chiaramente si impelaga in una lettura più intensiva ed è subito (il 22 febbraio) così seriamente impressionato da prendere la risoluzione di comparare, in uno studio, Stirner con l'Hobbes da lui apprezzato in altissima misura. Certo, non la portò mai a compimento, ma nell'annotazione del 21 aprile egli pone implicitamente ancora una volta Stirner, in quanto "pensatore che accettò il dato di fatto in quanto tale" e "coraggiosamente ne ha tratto le conseguenze", su un unico piano con Hobbes; solo che Hobbes sarebbe stato "oltremodo pieno di tatto" e Stirner un "enfant terrible."  Eppure, già il 22 febbraio al riconoscimento di Stirner era seguito - in un solo momento il discredito: "Questo Stirner è nel migliore dei casi buffone e rompiscatole..." E il 17 maggio 1948 Schmitt traccia una paragone, che tradisce in tutta la sua chiarezza che era giusto per lui in quel momento ogni mezzo per sbarazzarsi di nuovo del suo spirito tormentato: egli viene a parlare di "Adolf" e mette in luce che "era in quanto intellettuale meno di Max." (30)

Schmitt pose fine definitivamente alla propria turbolenta lotta interna con Stirner, che inaspettatamente lo era andato a trovare, anzi lo aveva afflitto, nell'aprile 1947, "nella cella", con il suo 60° compleanno, l' 11 luglio 1948. Il suo "canto del sessantenne" né da testimonianza - naturalmente senza chiamare le cose per nome. "Debbo diventare senza problemi e invidiare piante e animali ?" chiede egli li retoricamente - nella "sapienza della cella" aveva fatto passare questo come "la vera nostalgia di questo egomane [Stirner]." "[Devo] tremare dal panico nella cerchia dei cultori di Pan ?" domanda egli ulteriormente - "Max" era per lui "uno dei primi esseri panici" (può essere di nuovo suggerito: certo uno dei tanti; altri egli non ne nomina certo - come per le citate "miniere d'uranio della storia dello spirito"). (31)

Questo Stirner, abbondantemente da lui deformato, in qualche modo appariva a Schmitt essere perfino ancor più seducente e pericoloso. Eppure, egli dice ora decisamente di no. I seguenti versi del canto fanno riferimento alla fonte della sua forza in ordine a questa decisione: "Per tre volte sono stato nel ventre del pesce. Ho visto negli oc-

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chi il suicidio per mano del boia. Eppure protettiva mi ha circondato la parola di poeti sibillini..." (32)

Questo canto, così chiarì Schmitt ad un giovane adepto, cui egli lo aveva dato da leggere prima della pubblicazione, poteva solo capirlo chi fosse stato una volta "in carne ed ossa nella cella", (33) il che, riferito alle due righe dianzi citate, poteva valere però solo per chi una volta avesse ripiegato su di sé in modo tale da poter essere incalzato così massicciamente da un pensiero rimosso con successo per tutta la vita, come "Stirner" nei suoi confronti nell'aprile 1947. Le ultime tre righe citate rinviano alla primigenia rimozione di Stimer da parte di Schmitt, che gli riuscì per mezzo dello stretto legame con Theodor Däubler. (34)


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NOTE

(23) Cfr. Nachlass Carl Schmitts, approntato da Dirk van Laak e Ingeborg Villinger, Siegburg, Respublica-Verlag, 1993, p. 698.

(24) Glossarium, p. 150 (16.5.48)

(25) Carl SCHMITT, Die Stellung Lorenz von Steins in der Geschichte des 19. Jahrhunderts, in: Schmollers Jahrbuch für Gesetzgebung, Verwaltung und Volkswirtschaft, 64 (1940), p. 641-646 (643).

(26) Max STIRNER, Der Einzige und sein Eigentum, Stuttgart, Reclam, 1972, p. 170; di seguito abbreviato: EE [trad. it., L'Unico e la sua proprietà, a cura di C. Berto, Milano 1990, p. 170]

(27) M[ax] St[irner], Recensenten Stirners (1845). Cit. in Max STIRNER, Parerga, Kritiken, Repliken. Ed. da Bernd A. Laska. Nürnberg, LSR-Verlag 1986, p.147-205 (170); di seguito abbreviato come PKR

(28) ExCS, p. 80-83 [ed it. cit. p. 83]

(29) ExCS, p. 89 [ed. it. cit. p. 92]

(30) Tutte le citazioni nel »Glossarium« sono sotto la rispettiva data.

(31) ExCS, p. 82 [ed. it. cit. p. 84]

(32) ExCS, p. 93 [ed. it. cit. p. 99], Glossarium, p. 177.

(33) Glossarium,10.3.49, p. 225

(34) Il secondo salvataggio "dal ventre del pesce" ebbe luogo a metà degli anni '30 con l'aiuto di Konrad Weiss, l'altro poeta sibillino (»L'Epimeteo cristiano«); esso non è qui di interesse.


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Traduzione dal tedesco di Clemente Forte

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